La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5180 del 2022 (scaricabile su questo link) ha fissato degli importanti principi in tema di “agevolazione prima casa per gli immobili in corso di costruzione al momento del rogito, nonché in tema di termini di decadenza dell’Agenzia delle Entrate per la notifica dell’avviso di liquidazione che, eventualmente, va a disconoscere l’agevolazione sopra citata.

Ciò premesso, come è noto, l’agevolazione “prima casa in tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale sussiste anche nell’ipotesi in cui il cespite, al momento del rogito, non sia ancora ultimato e sia in corso di costruzione. In tal senso si è pronunciata anche l’Agenzia delle Entrate con la circolare 21 febbraio 2014, n. 2/E, affermando che “le agevolazioni ‘prima casa’ si applicano anche nel caso di trasferimento di immobile in corso di costruzione, in presenza dei requisiti previsti dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, sempre che l’immobile sia classificabile nelle categorie catastali da A/2 ad A/7. Con riferimento agli immobili in costruzione, con circolare 12 agosto 2005, n.38/E (par. 3.3) è stato chiarito che le agevolazioni in esame spettano anche per i trasferimenti di immobile in corso di costruzione che presenti, seppure in fieri, le caratteristiche dell’abitazione non di lusso. Si tratta di immobili in costruzione che, ultimati, siano riconducibili ad una categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9″.

In ordine a tale prima questione afferente alle caratteristiche “non di lusso” che l’immobile, già “in fieri”, dovrebbe possedere addirittura al momento della stipula dell’atto di compravendita, la Cassazione sembra porre qualche dubbio con la citata sentenza n. 5180/2020: ed infatti, sul punto, la Suprema Corte precisa – a nostro avviso condivisibilmente – quanto segue: affinché sia rispettata la “ratio sottesa all’art. 1 della Tariffa Parte prima, nota II bis, del d.p.r. n. 131 del 1986, con la quale il legislatore ha inteso promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, … è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi «distintivi» già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata”.

Dunque, la Cassazione, contraddicendo l’Agenzia delle Entrate, statuisce che, in verità, al momento della stipula del rogito di compravendita non è indispensabile che il cespite presenti già “in fieri” le caratteristiche “non di lusso” (volendo richiamare atecnicamente la precedente normativa del 1969), posto che, una volta terminati i lavori di costruzione, esso potrebbe benissimo avere le caratteristiche tipiche di un immobile ad uso abitativo non classificabile in cat. A/1, A/8 o A/9 (o “non di lusso”, volendo sempre utilizzare la terminologia della precedente normativa).

Sarebbe quindi ingiusto e limitativo per il contribuente non poter accedere all’agevolazione fiscale in esame solo perché, al momento della stipula del rogito di compravendita e prima dell’ultimazione dei lavori di costruzioni, l’immobile presenti solo “in fieri” le caratteristiche di un immobile “di lusso” – ferme restando, poi, tutte le potenziali difficoltà interpretative in ordine alla valutazione di un appartamento che è ancora in corso di costruzione, e le cui caratteristiche sono dunque incerte e potrebbero mutare radicalmente al momento dell’ultimazione dei lavori.

Ciò che conta, per la Cassazione, è che al termine dei lavori l’immobile possa essere utilizzato come unità abitativa non classificabile nelle cat. A/1, A/8 o A/9 (oltre alla sussistenza di tutti gli altri requisiti di legge per la spettanza dell’agevolazione in esame).

Quanto sopra esposto trova conferma nelle successive affermazioni della Cassazione: “Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto”.

Sul punto, dunque, pieno plauso alla Cassazione.

Volendo invece passare alla questione afferente al termine per l’ultimazione dei lavori e al termine decadenziale per l’eventuale contestazione da parte del Fisco della spettanza dell’agevolazione, la Suprema Corte ha precisato che:

  1. l’agevolazione “prima casa” “non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile; termine che, evidentemente, deve farsi coincidere con quello entro il quale l’amministrazione finanziaria deve procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti che danno diritto all’agevolazione ex art 76, comma 2, TUR e che decorre dalla richiesta di registrazione dell’atto”;
  2. “entro il suindicato termine il contribuente deve dare seguito alla volontà espressa nell’atto di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal d.P.R. n. 131 del 1986 e, pertanto, realizzare la finalità dichiarata di destinare ad “prima casa” l’immobile acquistato. Quanto sopra risponde al principio secondo cui, se il legislatore non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso; rispondendo ciò anche all’ulteriore esigenza che tali controlli non siano differiti sine die al momento in cui il contribuente completa i lavori di costruzione dell’immobile”.

La Cassazione sembra dunque affermare, da un lato, che il termine decadenziale per contestare la spettanza dell’agevolazione in esame è quello triennale previsto dall’art. 76, comma 2, TUR e, dall’altro, che tale termine decorre “dalla richiesta di registrazione dell’atto”.

Nel successivo punto 2), poi, la Cassazione precisa altresì che entro il cennato termine di tre anni il contribuente deve terminare i lavori in modo che venga trasformata in realtà la volontà espressa a suo tempo nel rogito di compravendita di destinare l’immobile ad uso abitativo, non possedendo questo, al termine dei lavori, le caratteristiche tipiche degli immobili classificabili in cat. A/1, A/7 e A/8.

A tal riguardo, non possiamo non ricordare come in una precedente pronuncia la stessa Cassazione (ord. n. 32121 del 2018) abbia diversamente giudicato, ritenendo che il termine decadenziale per la verifica della spettanza dell’agevolazione “prima casa” inizia a decorrere non dalla richiesta di registrazione dell’atto di compravendita, bensì dalla data di ultimazione dei lavori. In tale pronuncia si era infatti disposto quanto segue: “è all’evidenza come il termine triennale di decadenza dalla potestà impositiva, ex art. 76, comma 2, del d.p.r. n. 131 del 1986, inizierà a decorrere non dalla stipula del rogito, bensì dal momento in cui l’immobile in costruzione è stato completato e risulta così consentito all’amministrazione finanziaria accertare l’esatta natura del bene edificato e, in particolare, se si tratta o meno di abitazione di lusso, perciò soggetto all’aliquota dell’IVA ordinaria e non a quella agevolata”.

Ovviamente, in tal modo, l’Agenzia delle Entrate sarebbe meglio tutelata e messa nelle condizioni di conoscere, con i dovuti tempi, i fatti che farebbero venir meno l’agevolazione “prima casa”.

Si apre, così, una diversità di vedute di non poco conto.

Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione

 

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