Secondo l’ormai consolidato orientamento della Cassazione, a comprova della regolarità della notifica di un avviso di accertamento, di una cartella esattoriale e, più in generale, degli atti tributari, le fotocopie dei documenti relativi al procedimento di notificazione, ivi comprese le fotocopie degli avvisi di ricevimento delle raccomandate, si hanno per riconosciute fino a quando il contribuente non ne disconosca espressamente la conformità all’originale, ex art. 2719 cod. civ..

Con la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 1593/2017 del 23 gennaio 2018 è stato nuovamente affrontato il tema dell’efficacia probatoria delle fotocopie degli avvisi di ricevimento delle raccomandate che generalmente costituiscono la prova dell’avvenuta notifica degli atti dell’Agenzia delle Entrate o dagli Agenti della Riscossione (oggi: Agenzia delle Entrate – Riscossione).

La vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione riguardava, in particolare, la contestazione di una cartella di pagamento annullata dalla CTR Lombardia, in conformità con la sentenza di primo grado, per mancanza di prova sulla notificazione dell’atto fiscale prodromico alla cartella stessa.

In maggior dettaglio, la cartella era stata annullata dai giudici milanesi in ragione dell’assenza di collegamento tra l’atto prodromico da cui era scaturita la cartella e l’avviso di ricevimento della raccomandata prodotta dall’Agenzia delle Entrate.

Viceversa, secondo l’Agenzia delle Entrate, tale collegamento sarebbe stato evincibile in virtù del fatto decisivo chela data di notificazione riportata nell’avviso di ritorno della raccomandata relativa alla spedizione del prodromico avviso,coincideva con la data di notifica dell’atto indicata nella cartella.

Soprattutto, però, l’Agenzia delle Entrate censurava l’impugnata sentenza di secondo grado per aver i giudici contestato la valenza della produzione (solo) in fotocopia del suddetto avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto fiscale asseritamente notificato.

Ebbene, con riguardo a tale ultimo motivo di censura della sentenza, la statuizione della Cassazione non passa inosservata.

La Suprema Corte ha infatti ribadito il proprio costante orientamento per cui la giurisprudenza “attribuisce rilevanza probatoria alle fotocopie, per tutti i documenti e quindi anche per l’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, qualora la loro conformità all’originale non venga disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace (cfr. nella specifica materia Cass. n. 13439/2012; n. 201003 del 08/09/2017).

Con l’enunciazione del suddetto principio viene, dunque, confermato il diritto del contribuente di prendere visione degli originali degli atti e dei documenti relativi al procedimento di notificazione, ogniqualvolta l’Agenzia delle Entrate (o gli Agenti della Riscossione, oggi: Agenzia delle Entrate – Riscossione) ritenga di aver portato regolarmente a conoscenza del destinatario la pretesa fiscale avanzata nei suoi confronti.

Non di rado, infatti, i contribuenti vengono a scoprire solo casualmente, o anche a distanza di anni, di aver ricevuto la notifica di avvisi di accertamentocartelle di pagamentofermi amministrativiiscrizione di ipoteche, od altri avvisi relativi a debiti tributari, di cui essi erano totalmente all’oscuro.

In tali casi, ciò che accede è che i contribuenti si recano presso gli sportelli di Equitalia (oggi: Agenzia delle Entrate – Riscossione) dove gli viene rilasciata generalmente solo una mera fotocopia dell’atto asseritamente notificato, con il relativo avviso di ricevimento della raccomandata.

Analogamente, nella cause instaurate dinanzi ai giudici tributari, in ragione della mancata ricezione della cartella e/o dell’atto impositivo impugnato (che, al contrario, Equitalia o l’Agenza delle Entrate assumono di aver ritualmente notificato), i contribuenti vengono spesso “sorpresi” dalla produzione in giudizio di fotocopie raffiguranti gli avvisi di ricevimento di raccomandate che essi, però, non hanno mai ricevuto.

In tutti questi casi, in applicazione del richiamato principio della Cassazione, è possibile promuovere un ricorso o eccepire nel contenzioso fiscale pendente, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il disconoscimento della conformità della fotocopia prodotta all’atto originale, chiedendo l’esibizione di quest’ultimo da parte dell’Ufficio.

A questo punto, per l’effetto del disconoscimento espresso e non equivoco della produzione della fotocopiascatta l’onere dell’Agenzia delle Entrate di esibire l’originale anziché la copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata o della relata di notifica dell’atto impositivo o della cartella non recapita al contribuente.

Quindi, se la controparte interessata non è in grado di fornire l’originale, indispensabile per poter riscontrare la conformità della fotocopia prodotta (ad esempio, perché si tratta di atti o di annualità d’imposte molto datate o perché non è stato conservato il cartaceo della raccomandata con il relativo avviso a.r. o la relata), il giudice adito non potrà che dichiarare la nullità l’atto fiscale impugnato o della cartella per difetto di notificazione.

 E ciò segnatamente in virtù del principio affermato dalla Cassazione, per cui – in mancanza degli originali da riscontrare – le fotocopie disconosciute dal contribuente non costituiscono una valida prova della notifica da parte dell’Erario.

Ebbene, è evidente che così la prova della notifica degli atti tributari non solo viene posta a carico dell’Ufficio impositore o dall’Agente della Riscossione (oggi: Agenzia delle Entrate – Riscossione), ma il suo corretto adempimento viene reso più severo e rigoroso, specialmente in tutti quei casi in cui l’Amministrazione finanziaria intima il pagamento di vecchi tributi erariali invocando, a sostegno della proprie pretese, (solo) una fotocopia di un avviso di ricevimento di una raccomandata mai ricevuta.

Infine, è opportuno precisare altresì che le suindicate eccezioni potranno essere fatte valere dal contribuente unicamente attraverso la proposizione di un ricorso tributario da presentare nel termine perentorio di 60 giorni decorrenti, in tal caso, dalla data in cui si ha avuta l’effettiva conoscenza dell’atto non notificato (ad esempio, decorrente dal giorno in cui il contribuente ha appreso la notizia dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione).

 

Avv. Giuseppe Marino     Avvocato tributarista cassazionista in Roma

 

 

 

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