Con la sentenza n. 6476/2024, la CGT di I grado di Roma (in un giudizio patrocinato dallo scrivente avvocato tributarista Giuseppe Marino, qui scaricabile) ha annullato la pretesa erariale in relazione ad una presunta decadenza dalla c.d. “agevolazione prima casa”, fornendo un’interpretazione garantista per il contribuente e conforme alle più recenti sentenze di Cassazione in relazione all’art. 1, nota II bis della Tariffa allegata ala DPR n. 131/1986.
Già la Cassazione, con l’ord. n. 30505/2023 del 3.11.2023, aveva ribadito quanto segue: “ad avviso del Collegio, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del condivisibile principio, cui in questa sede va data continuità, per cui in tema di agevolazioni prima casa, ai sensi dell’art. 1, comma 4, e nota II bis, della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 131 del 1986 – nel testo (applicabile “ratione temporis”) introdotto dall’art. 16 del DL n. 155 del 1993 (conv., con modificazioni, nella L. n. 243 del 1993) – «l’idoneità» dell’abitazione pre-posseduta va valutata sia sotto il profilo oggettivo (effettiva inabitabilità), che sotto quello soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che il beneficio trova applicazione anche nell’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato (Sez. 5 – , Sentenza n. 2565 del 2.2.2018, Rv. 646929 – 01), conf. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19989 del 27.7.2018, Rv. 649937 – 01”.
Nel caso esaminato dalla CGT di I grado di Roma, i Giudici hanno riconosciuto l’inidoneità sia oggettiva che soggettiva di un piccolo immobile preposseduto dal ricorrente a costituire “casa di abitazione” ai sensi della legge di registro, e ciò in ragione non solo delle dimensioni del cespite (inadatte ad una famiglia che, nel frattempo, era divenuta di quattro persone), ma anche di specifiche problematiche familiari che imponevano l’acquisto di un immobile più grande.
Il fatto che, dunque, il precedente piccolo appartamento preposseduto non fosse stato venduto prima dell’acquisto del successivo, non rendeva “mendace” la dichiarazione resa in sede di rogito, secondo la quale l’acquirente dichiarava di non possedere altre abitazioni nello stesso Comune (da intendersi nel senso che egli non possedeva altri cespiti idonei a costituire “casa di abitazione”). Inoltre, il piccolo appartamento preposseduto non era stata acquistato, a suo tempo, beneficiando della c.d. “agevolazione prima casa” ai fini dell’imposta di registro, così neppure poteva contestarsi al contribuente di aver goduto doppiamente della medesima agevolazione fiscale.
Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, cassazionista
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