Come è noto, l’art. 28, comma 4, d.Lgs. n. 175/2014 (entrato in vigore il 13.12.2014), dispone che “Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”.

Orbene, l’Agenzia delle Entrate ha sempre ritenuto che tale norma avesse natura procedimentale e, pertanto, portata retroattiva.

Tale tesi è stata tuttavia smentita dalla giurisprudenza, sia di Cassazione che di merito.

In particolare, la Suprema Corte, con moltissime sentenze ha affermato che detta norma non ha di certo portata retroattiva (ex multis, Cass., sentenza n. 6743/2015, ordinanza n. 23029 dell’8.10.2017, ed ancora, sentenze nn. 6743/15, 7923/16, 8140/16, 15648/15, 19142/16, 11100/17. Nessun precedente contrario).

Nel dettaglio, con la sentenza n. 6743/2015, si è rilevato quanto segue: “Posto che il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4 non ha alcuna valenza interpretativa (dato il suo tenore testuale, che non solo non assegna espressamente alla disposizione alcuna natura interpretativa, ai sensi del comma 2 dell’art. 1 dello statuto dei diritti del contribuente, ma neppure in via implicita intende privilegiare una tra le diverse possibili interpretazioni delle precedenti disposizioni in tema di estinzione della società), occorre prendere atto che, in concreto, il testo della disposizione non consente di individuare alcun indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma 1 dell’art. 3 dello statuto dei diritti del contribuente. Più in dettaglio, l’enunciato della disposizione in esame non autorizza ad attribuire effetti di sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le quali la richiesta di cancellazione e l’estinzione siano intervenute anteriormente al 13 dicembre 2014. La stessa relazione illustrativa al d.lgs. non affronta in alcun modo la questione dell’eventuale efficacia retroattiva della norma”.

Da ultimo, si segnala la sentenza della CTR della Puglia n. 308/2022 (scaricabile su questo link), in cui si è affermato quanto segue:

“ll principio affermato dal giudice di primo grado in merito alla irretroattività dell’art. 28 Dlgs 175/2014 deve essere riaffermato in questa sede perché fondato su un duplice precedente di legittimità (Cass. n.6743 del 2015 e Cass. n. 18385 del 2015).

Dopo la riforma societaria del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese delle società di capitali o di persone ne comporta l’estinzione, con il conseguente venir meno della loro capacità e soggettività; e ciò a decorrere dalla cancellazione, se successiva al 1 gennaio 2004 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003), ovvero a decorrere dal 1 gennaio 2004, se anteriore.

Tale principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, con la specificazione che alla cancellazione segue un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (sezioni unite, n. 6070, n. 6071 e n, 6072 del 2013; per le applicazioni da parte delle sezioni semplici, v., ex plurimis, Cass. n. 1677, n. 9110 e n. 12796 del 2012; n. 24955 del 2013).

Nel caso di specie, dunque, esclusa l’applicazione dell’art. 28 D.Lgs. 174/2014, la notifica dell’atto impugnato è avvenuta a soggetto inesistente per cui la sentenza deve essere confermata restando assorbita ogni questione sul merito dell’accertamento. Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza”.

A tal proposito, è importante sottolineare anche un secondo concetto: prima dell’entrata in vigore dell’art. 28, d.Lgs. n. 175/2014 (e cioé il 13.12.2014), se una società si estingueva senza debiti tributari (e, quindi, senza aver ricevuto accertamenti fiscali o cartelle di pagamento, e senza aver dichiarato debito d’imposta poi non pagati), nessun atto impositivo poteva essere notificato ad altri soggetti per qualsivoglia ragione solidalmente responsabili con la prima (ad esempio, un cessionario di azienda) o ai soci, nemmeno nei limiti di quanto pervenuto a seguito della liquidazione. Ciò si desume dal tenore del testo delle varie sentenze di Cassazione sopra citate, che si riferiscono ai debiti fiscali “pendente societate”, e, quindi, a debiti già sorti prima dell’estinzione.

Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione

 

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