Con la recente interessante ordinanza n. 3770/2022 (qui scaricabile), la Corte di Cassazione ha affermato che il divieto di produrre in giudizio i documenti richiesti dall’Agenzia delle Entrate in sede di controllo (ex art. 32, d.P.R. n. 600/1973, e art. 52. d.P.R. n. 633/1972), si applica solo in presenza di un comportamento doloso del contribuente. In mancanza di tale status psicologico, invece, tali documenti non prodotti a seguito della richiesta del Fisco in fase precontenziosa, possono trovare ingresso nel processo tributario mediante allegazione al ricorso introduttivo. Dunque, come si vedrà, il contribuente si “salva” dalla preclusione alla produzione documentale in sede contenziosa non solo nei casi di forza maggiore e di caso fortuito che gli hanno impedito in precedenza la produzione all’A.f., ma anche se ciò è dipeso da mera “colpa” del contribuente, ovvero imperizia o negligenza nella conservazione dei documenti stessi.

Ed invero, l’art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in tema di accertamento e controlli, stabilisce che “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”. Si aggiunge, poi, al quinto comma, dell’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973, che “le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.

Se, dunque, il contribuente, a fronte di una specifica indicazione da parte dell’Agenzia delle entrate, corredata da espresso avvertimento della inutilizzabilità – elementi fondamentali perché si possa poi applicare il cennato divieto di utilizzo successivo  – , non ha prodotto i documenti richiesti in sede amministrativa, può, comunque, procedere a tale deposito in sede giudiziale, purché sussista una causa di non imputabilità per l’adempimento tardivo rispetto alla richiesta dell’Ufficio, e purché adempia all’onere di provvedere al deposito con allegazione dei documenti all’atto introduttivo del giudizio di prime cure in sede contenziosa (e quindi in sede di ricorso).

In tale sede è poi necessario che il contribuente dichiari e dimostri di non aver potuto adempiere alla richiesta dell’Ufficio per cause a lui non imputabili (in tal senso, Cass., sez. 5, 11 febbraio 2021, n. 3442), posto che dell’esistenza di cause oggettive a lui non imputabile il contribuente deve, comunque, fornire la prova (Cass., sez. 5, 14 giugno 2021, n. 16757).

Sul punto l’ordinanza di Cassazione in commento chiarisce l’importante principio secondo il quale “l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass., 27 dicembre 2016, n. 27069; Cass., 10670/2018)”.

La Cassazione ha quindi puntualizzato che “la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude, a norma dell’art. 52, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l’accertamento induttivo, a condizione che sia, da un lato, non veritiera e, dall’altro, cosciente e volontaria e, cioè, dolosa, diretta ad impedire l’ispezione documentale (Cass., 9 novembre 2016, n. 22743; Cass., Sez.Un. 25 febbraio 2000, n. 45), mentre, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell’accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito)”.

Riassumendo, per la Suprema Corte la citata preclusione alla successiva produzione documentale si verifica se, in fase di controllo, vi è un sostanziale rifiuto del contribuente a fornire i documenti richiesti finalizzato  “ad impedire l’ispezione del documento”. Vi deve essere, dunque, il c.d. dolo specifico, ossia “la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa” … laddove “… il dolo, (è) costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento”.

L’importante conclusione è che “non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni (il cui contenuto corrisponda al vero) dell’indisponibilità del documento, non solo se la questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione (Cass., sez.un., 25 febbraio 2000, n. 45; Cass., n. 8645/2019; Cass., 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., 8 marzo 2017, n. 5914)”.

In altri termini, la Cassazione “salva” il contribuente anche se il motivo della mancata consegna dei documenti richiesti dal Fisco in fase di controllo sia dovuta (oltre che a cause di forza maggiore o a caso fortuito) anche per negligenza o imperizia nella conservazione della documentazione stessa – come ad esempio può essere il caso di conservazione “disordinata” dei documenti.

Ovviamente, conclude la Corte Suprema, “il divieto di utilizzazione dei documenti non prodotti va letto alla luce del principio di collaborazione e buona fede (in senso oggettivo), espressamente enunciato nell’alt. 10 della legge 212/2000, gravante su entrambe le parti, nel corso del procedimento amministrativo. Pertanto, da un lato, l’Amministrazione procedente deve formulare una richiesta di informazioni e documenti specifica ed adeguata al caso concreto, mentre dall’altro, il contribuente deve assumere un comportamento collaborativo e trasparente, anch’esso rispettoso dei canoni di correttezza e diligenza (Cass., 7011/2018; Cass., 8539/14; Cass., sez.un., 45/2000)”.

Con la stessa ordinanza la Cassazione ha poi ribadito l’importante principio secondo il quale il contribuente non perde il diritto alla detrazione dell’IVA anche in mancanza di presentazione della dichiarazione IVA, se riesce a dimostrare il sostanziale diritto alla detrazione producendo le fatture, i registri IVA e le liquidazioni periodiche e ogni altro elemento utile.

Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione

 

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