Accertamento induttivo dei ricavi di ristoranti e bar.
L’avviso di accertamento fondato sul cosiddetto “bottigliometro” o “tovagliometro” è nullo se non supportato da presunzioni qualificate.
Commento alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, n. 1421/19 del 31.1.2019.
Nel giudizio patrocinato dallo scrivente Avvocato Giuseppe Marino (la sentenza è scaricabile a questo link) la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha condiviso pienamente le argomentazioni difensive opposte avverso la ricostruzione presuntiva dei ricavi di un ristorante, ricostruzione effettuata dalla Guardia di Finanza applicando il cosiddetto “bottigliometro”.
I rilievi del pvc elevato dai Verificatori erano stati acriticamente recepiti dall’Agenzia delle Entrate, la quale aveva emesso un avviso di accertamento recante il recupero a tassazione di ricavi presunti pari a più di un terzo del fatturato annuo della società di ristorazione.
Più in particolare, la vicenda può essere così brevemente riassunta.
In sede di verifica fiscale, pur riscontrando la regolarità degli adempimenti contabili, la Guardia di Finanza aveva ritenuto inattendibile la tenuta della contabilità della società e aveva, quindi, proceduto alla ricostruzione in via meramente induttiva dei ricavi prodotti nelle annualità accertate, basandosi però solo ed esclusivamente sulla presunta vendita di litri di acqua per i quali la società non avrebbe emesso regolare fattura o ricevuta fiscale (cosiddetto “bottigliometro”).
È indubbio che il metodo accertativo del “bottigliometro” ben poteva essere impiegato nel caso di specie; tuttavia, in sede di ricorso proposto dalla società avverso l’avviso di accertamento emesso, era stato fatto notare ai Giudici come le modalità concrete di utilizzazione dello strumento presuntivo, poiché inficiate da numerosi errori di valutazione e di calcolo, avessero portato i Verificatori, prima, e l’Agenzia delle Entrate, poi, ad una ricostruzione distorta ed inverosimile della realtà economica della società, con la conseguente inattendibilità assoluta dell’ammontare dei ricavi presunti oggetto del recupero fiscale.
Si fa riferimento al fatto, ad esempio, che ai fini dell’accertamento l’Ufficio avesse preso in esame soltanto la media di bottiglie d’acqua minerale venduta nei tre mesi di massimo fatturato della società, e analizzando il suddetto fatturato trimestrale, l’Ufficio aveva calcolato l’ammontare dei ricavi lordi dichiarati per litro di acqua venduto dalla società.
Tale valore, ancorché riferibile ai soli cennati tre mesi di massimo fatturato, era stato poi esteso presuntivamente a tutti i restanti mesi dell’anno.
Ed ancora, non appariva legittimo il fatto che il computo presuntivo dei litri di acqua presuntivamente non regolarmente fatturati non poteva essere determinato, semplicisticamente, sottraendo dal numero di litri di acqua ufficialmente acquistati, il numero dei litri di acqua destinati alla vendita.
Inoltre, anche iil numero di bottiglie destinate all’autoconsumo dei dipendenti e dei lavoratori del ristorante era stato determinato in maniera approssimativa ed arbitraria.
Da ultimo, nel verificare il numero di bottiglie destinate alla vendita con regolare emissione di fattura o ricevuta fiscale, l’Ufficio erroneamente aveva omesso di considerare un gran numero di bottiglie da 50 cl di acqua vendute in occasione della somministrazione dei “menù fissi”. Anche dette vendite di acqua concorrevano dunque alle vendite regolarmente fatturate, nonostante l’indicazione negli scontrini fiscali della sola dicitura “menù fisso” che, però, chiaramente, era un menù comprensivo di acqua.
Con il ricorso proposto alla CTP di Roma la società aveva quindi contestato l’intera verifica fiscale e puntualmente dimostrato che l’accertamento era frutto di molteplici, erronee ed illegittime valutazioni da parte dell’Ufficio. Più in generale, la società aveva dimostrato l’uso illogico ed errato del cosiddetto “bottigliometro”, che seppure è uno strumento di verifica attendibile per la ricostruzione indiretta dei ricavi, doveva comunque essere utilizzato con modalità appropriate ed integrato con ulteriori elementi di prova, trattandosi con ogni evidenza di una mera presunzione semplice che non in grado di raggiungere di per sé sola i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge per poter fondare un valido avviso di accertamento fiscale.
Pertanto, nel caso di specie, in mancanza di riscontri e viste le numerose incongruenze dell’atto, i Giudici aditi hanno accolto in pieno l’assunto difensivo della società ricorrente, annullando integralmente l’impugnato avviso di accertamento.
In sostanza, anche secondo i Giudici l’accertamento induttivo di maggiori ricavi effettuato, in specie, solo sulla base delle bottiglie di acqua presumibilmente vendute in un ristorante (cosiddetto “bottigliometro”), se non supportato da un ragionamento esente da erronee o arbitrarie valutazione o comunque integrato da altri elementi probanti la solo asserita evasione fiscale, necessariamente si risolve in una ricostruzione fondata su meri ragionamenti presuntivi, inadeguati a rappresentare una valido impianto probatorio.
Avv. Giuseppe Marino – Avvocato tributarista in Roma patrocinante in Cassazione
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