In dottrina e giurisprudenza era argomento dibattuto il fatto se la dichiarazione dei redditi fosse riconducibile alle dichiarazioni di scienza o agli atti negoziali.

Con la recente ordinanza della Cassazione n. 18405 del 30.6.2021 (qui scaricabile), la Suprema Corte ha ribadito l’orientamento per cui la dichiarazione dei redditi ha natura di dichiarazione di scienza, per tale motivo ritrattabile ed emendabile anche in sede giudiziaria e anche in favore del contribuente.

In particolare, la Corte, ha in primis rilevato che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13378 del 2016, “… componendo un contrasto, hanno affermato che «la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa”.

Peraltro – prosegue la Cassazione – “Le Sezioni Unite hanno poi sottolineato che «il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2 dpr 322/1998», e dall’istanza di rimborso di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973, «in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”.

La Cassazione ha quindi concluso nel senso che la dichiarazione dei redditi, in quanto avente natura di dichiarazione di scienza, è emendabile e ritrattabile, per cui il contribuente è sempre ammesso, in sede contenziosa, a dar prova che l’originaria dichiarazione era viziata da un errore (di fatto o di diritto) e che il presupposto impositivo non era sussistente.

Nel caso in esame, la Cassazione ha riconosciuto al contribuente la possibilità di usufruire di un credito d’imposta (la cui esistenza era stata provata dal contribuente stesso in giudizio) anche se erroneamente non riportato nella dichiarazione dei redditi.

Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista in Roma, cassazionista.

 

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