Con la recente sentenza n. 12627/2022 (qui per scaricare il testo), la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Roma (in un giudizio patrocinato dallo scrivente avvocato tributarista Giuseppe Marino) ha accolto il ricorso proposto da una contribuente in relazione alla pretesa tassazione di una plusvalenza da cessione immobiliare infraquinquennale, annullando il relativo avviso di accertamento del valore complessivo di oltre euro 200.000.

Ed invero, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR, le plusvalenze da cessione di fabbricati sono rilevanti e tassabili come “redditi diversi” solo ove la rivendita del cespite avvenga entro cinque anni dall’acquisto; peraltro, la norma prevede un’eccezione a tale principio, per cui la plusvalenza conseguita a seguito di rivendita del bene entro il quinquennio dall’acquisto non assume rilievo reddituale – e quindi non deve essere dichiarata all’Erario perché non tassabile –  se il fabbricato, ancorché posseduto per meno di cinque anni “… per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari”; ebbene, nel caso di specie, nei circa 14 mesi di possesso dell’appartamento in questione da parte della ricorrente (immobile acquistato il 29.10.2010 e rivenduto il 10.12.2012), ella lo aveva adibito a propria abitazione principale per la maggior parte del temponella specie, per non meno di 11 mesi su 14, come risulta dall’estratto del certificato di residenza storico-anagrafico prodotto in giudizio.

Nel caso di specie, l’Ufficio contestava che vi sarebbero state delle utenze accese ed intestate alla ricorrente in un immobile diverso da quello di residenza.

Sul punto la ricorrente si difendeva, eccependo come l’utenza del gas fosse stata banalmente disdetta solo on alcuni mesi di ritardo, mentre l’utenza della luce si riferiva ad un solo mese dell’anno, in cui peraltro il secondo immobile risultava locato.

La sentenza appare correttamente motivata sulla base delle prove fornite dalla ricorrente, fermo restando che l’onere probatorio è sempre a carico dell’Amministrazione finanziaria, soprattutto dopo la novella legislativa di cui all’art. 7, comma 5 bis, d.Lgs. n. 546/1992.

Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione

 

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