In tempi relativamente recenti, si è assistito a un progressivo riconoscimento del trust nel nostro ordinamento, ed il merito è anche del legislatore che ha espressamente previsto l’istituzione del trust per l’assistenza e la cura dei soggetti con disabilità gravi, con l’intervento della nota legge sul “Dopo di noi” (L. 116/2016).

Dal punto di vista del regime fiscale del trust, si osserva come esso sia stato oggetto di numerose recenti pronunce giurisprudenziali che hanno avuto l’indubbio vantaggio di dissipare le incertezze sulla tassazione delle più importanti vicende relative alle operazioni del trust.

In particolare, nella giurisprudenza più recente si è registrato un atteggiamento di favore e di apertura all’utilizzo del trust per la cura dei principali bisogni e interessi familiari.

Tale atteggiamento di favore trova concreti riscontri, peraltro, nell’elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza di un regime fiscale sempre più certo, preciso e in linea con lo scopo di tutela e di protezione patrimoniale dello strumento, scopo che fiscalmente si traduce nella sostanziale “neutralità” del trust. 

Basti notare che oggi la costituzione di un trust familiare non sconta più alcuna tassazione proporzionale dell’8% ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, bensì solo l’imposta di registro in misura fissa (ed, in caso di trasferimento di beni immobili, le imposte ipotecarie e catastali, ma sempre in misura fissa e non proporzionale).

Al riguardo, si rammenta che la recente pronuncia della Corte di Cassazione (sent. n. 21614 del 26 ottobre 2016), in difformità dai precedenti arresti giurisprudenziali (ord. n. 3735/15, n. 3737/15, n. 3886/15 e n. 5322/15 e sent. n. 4482/16) ha statuito che l’atto istitutivo di trust non sconta l’imposta di successione e  donazione proporzionale dell’8% o, meglio, non sconta alcuna imposizione tout court, in quanto dalla segregazione patrimoniale «non deriva alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone».

Su tali basi, ed in conformità alla disciplina civilistica dell’istituto che, di fatto, prevede la devoluzione del patrimonio solo al termine del trust in favore dei beneficiari finali, la Suprema Corte ha quindi affermato che detto «trasferimento e arricchimento [che] dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale».

Per essere più precisi, tale affermazione dei giudici di legittimità va intesa nel senso che, poiché il trust rientra nell’ambito applicativo dell’imposta sulle successioni e donazioni (art. 2, co. 47, D.L. 262/2006), l’atto di trust potrà essere tassato soltanto laddove ricorrano i presupposti di tale imposta.

In tal modo si dà atto che il trust realizza soltanto un effetto segregativo di tutela, preordinato alla successiva devoluzione dei beni in favore dei beneficiari del trust stesso. 

Questi ultimi dovranno quindi scontare l’imposta di successione e donazione, se dovuta, nella misura del 4%, 6% o 8%,  essendo la tassazione correttamente da rimandare solo al momento in cui i beni vincolati nel trust verranno trasferiti, in tutto o in parte, ai beneficiari. 

Solo allora si verificherà l’effetto traslativo del patrimonio, fiscalmente rilevante, che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in capo agli stessi beneficiari del trust.

I beneficiari del trust, in ogni caso, al pari degli eredi e dei donatari, potranno usufruire delle franchigie previste per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, al di sotto delle quali nessuna l’imposta sarà dovuta.

In proposito, è opportuno osservare che la franchigia di 1 milione di euro è stabilita in favore dei discendenti in linea retta (moglie e figli) e del coniuge, ma ulteriori franchigie sono previste e applicabili, a seconda del grado di parentela del beneficiario con il soggetto che istituisce il trust (ad esempio, se i beneficiari sono sorelle o fratelli di chi istituisce il trust, la franchigia sarà di euro 100.000,00).

Quindi, la conclusione è che un trust familiare è tendenzialmente “neutrale” sotto il profilo fiscale poiché on sconterà alcuna imposizione.

Ciò posto, è interessante notare che la stessa soluzione per cui è corretta la tassazione del trust in capo ai beneficiari solo al momento in cui si verifica l’effettivo trasferimento di beni in loro favore (cioè soltanto al termine del trust e non già all’atto della sua costituzione), era stata già affermata dalla Cassazione in diverse occasioni riguardanti, però, l’applicazione dell’imposta di registro ai trust istituiti prima dell’entrata in vigore del d.l. 262/2006 (che, come noto, ha restituito l’imposta di successione e donazione, ed oggi è pacificamente applicabile ai vincoli di destinazione, tra cui anche al trust) (cfr. Cass. n. 25478, n. 25479 e n. 25480 del 18 dicembre 2015; ed in senso conforme, la recentissima sentenza Cass. n. 975 del 17 gennaio 2018).

Inoltre, recentemente la Corte di Cassazione è inoltre intervenuta a precisare che non è soggetto a imposizione proporzionale neppure il trasferimento di beni fra i trustee di due diversi trust, poiché anche in questo caso il trasferimento è gratuito e non determina l’arricchimento di nessuno

Al contrario, trattandosi di una intestazione di beni soltanto temporanea al trustee che ha il dovere di custodirli in vista del loro ritrasferimento ai beneficiari finali, la tassazione va rinviata, ancora una volta, al momento della devoluzione definitiva in favore dei beneficiari (cfr. Cass. n. 975/2018 che ha esaminato la questione con riferimento a un trust istituito prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 262/2006 e quindi – in linea teorica – assoggettabile all’imposta di registro proporzionale – ritenuta non dovuta dai giudici tributari –, ma la stessa regola dovrebbe essere applicabile ai trust istituiti dopo la reintroduzione da parte del d.l. n. 262/2006 dell’imposta di successione e donazione, oggi applicabile ai trust: in questo senso, si veda l’articolo del Sole 24 ore di A. Di Sapio e D. Muritano del 7 febbraio 2018: “Passaggi tra trustee senza registro – L’operazione tra i sue soggetti non è a titolo definitivo e quindi non è imponibile”.).

Ne consegue che è “neutrale” e non sconta alcuna imposizione proporzionale nemmeno il passaggio di beni tra trustee, ad esempio, nel caso di morte, revoca o cessazione del mandato, e più in generale in qualsiasi altro caso di trasferimento del patrimonio in trust ad un novo trustee, in attuazione dello scopo del trust, non trattandosi di una vera e propria transazione produttrice di ricchezza, secondo quanto ancora una volta affermato dalla Cassazione, quanto piuttosto di una mera sostituzione di una posizione “fiduciaria” da assoggettare, pertanto, solo all’imposta fissa di registrazione.

Stesso discorso vale ovviamente anche per le imposte ipo-catastali che sarebbero dovute per il trasferimento tra trustee di beni immobili, essendo queste dovute ugualmente in misura fissa.

Quindi, alla luce dell’attuale e ormai consolidato quadro giurisprudenziale, si può pacificamente affermare che tanto il conferimento iniziale di beni all’interno di un trust, quanto la successiva trasmissione degli stessi beni da un trustee ad un altro, sono fiscalmente “neutri” per quanto riguarda l’applicazione dell’ imposta di successione e di donazione (oltre che delle imposte ipotecarie e catastali) dovendo scontare tali atti soltanto l’imposta fissa per la registrazione.

Infine, è il caso di segnalare che la neutralità fiscale riconosciuta alla costituzione – per così dire, ex novo – di un trust da parte del disponente, è stata ritenuta estensibile, da parte dei giudici tributari, anche alla diversa ipotesi di trasformazione (eterogenea) di una preesistente società in un trust (cfr. CTP di Roma, sent. n. 1836 del 26 gennaio 2017, nella quale è stato affermato, in conformità con l’indirizzo giurisprudenziale da ultimo espresso dalla Cassazione, che « la modifica soggettiva della titolarità dei beni e dei rapporti giuridici non determina l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità che costituisce il fondamento dell’imposta di successione e donazione, ma solo una regressione del soggetto giuridico proprietario dei beni (il “beneficiario”), senza che vi sia un trasferimento a terzi»).

Insomma, la fiscalità indiretta del trust appare finalmente delineata e consolidata.

Non resta a questo punto che chiarire a cosa può essere utile l’istituzione di un trust nell’interesse della famiglia.

In proposito, è bene puntualizzare fin da subito che il trust è uno strumento duttile, per cui la sua finalità e in generale le modalità di utilizzo di un trust non costituiscono una soluzione “preconfezionata”, né determinabile a priori, dovendosi invece il trust o, meglio, l’atto costitutivo di trust, attagliare alle specifiche esigenze della famiglia nel caso concreto.

In altri termini, la poliedricità dell’istituto e le diverse modalità e finalità per cui esso può essere utilizzato e destinato, fanno del trust uno strumento assolutamente “personalizzabile” in base ai bisogni della famiglia. 

Anche per questo motivo, dal punto di vista fiscale, si pone l’esigenza di valutare esattamente ed in concreto le peculiarità di ogni singola fattispecie di trust, per verificare se e quando può ritenersi pienamente integrato il presupposto impositivo ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

A titolo meramente esemplificativo, si può osservare che la destinazione patrimoniale che realizza il trust può avere lo scopo di assicurare una rendita ai membri della famiglia più anziani, di pagare gli studi e il mantenimento dei figli, di disporre delle dotazioni patrimoniali al ricorrere di particolari eventi o esigenze, di concedere il godimento di immobili, e più in generale di gestire in maniera centralizzata i beni della famiglia, a vantaggio esclusivamente dei membri della stessa, in modo da tutelare tali beni dalle azioni di soggetti estranei (creditori, ex coniugi, etc.) ed evitare i contrasti che potrebbero crearsi, ad esempio, tra fratelli, al momento della morte e dell’apertura della successione dei genitori.

Viceversa, il trust disciplinato dalla cd. “legge sul dopo di noi”  ha lo specifico scopo di soddisfare le esigenze delle persone con disabilità gravi, provvedendo ai loro bisogni durante la loro vita e anche dopo la morte dei loro genitori.

In tutto ciò, la peculiarità del trust è che i beni ad esso destinati vengono messi al riparo da qualsiasi contestazione e diventano inaggredibili da parte di terzi per l’intera durata del trust (cd. “patrimonio separato”), realizzandosi così la finalità di tutela e protezione patrimoniale tipica dell’istituto.

 

Avv. Giuseppe Marino  Avvocato tributarista cassazionista in Roma

Avv. Giorgia Alesse

 

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