Con l’interessante sentenza n. 733/2021 della CTR della Lombardia (qui scaricabile), i Giudici milanesi hanno accolto le difese del contribuente dichiarando illegittimo l’accertamento induttivo dei redditi basato sul raffronto con i ricavi dichiarati da soggetti “campione” anonimi svolgenti la medesima attività nella stessa zona, posto che in tal modo il contribuente è stato privato del proprio diritto difesa, non potendo valutare e contestare i termini di paragone utilizzati dall’Agenzia delle Entrate i mancanza di dettagli circa l’identificabilità di questi ultimi.
La CTR, in particolare, si è espressa nei seguenti termini: “L’accertamento induttivo puro, quale è quello in oggetto è infatti fondato su presunzioni non qualificate e pertanto dette ” semplicissime” che possono avere un valore dimostrativo minore rispetto a quelle semplici, utilizzate nell’accertamento analitico-induttivo, purchè tuttavia esse non assumano profili di arbitrarietà, indeterminatezza e contraddittorietà.
Le presunzioni “semplicissime” non sono contemplate da alcuna disposizione, ma sono rappresentate da tutti quegli elementi o nozioni utilizzati in sede di controllo in funzione di dimostrazione indiretta di fatti o situazioni e che, in sede contenziosa, non possono che essere, inevitabilmente, sottoposte al vaglio del Giudice, cui spetta esprimersi sulla relativa capacità probatoria.
Nel caso si specie, il metodo utilizzato dall’ufficio ai fini dell’accertamento del reddito non dichiarato, mediante l’individuazione di una percentuale da applicare sui ricavi, mediamente applicata, rilevata da campioni esercenti la medesima attività della società ricorrente, titolari, come la stessa, di esercizi commerciali di vendita di tessuti al dettaglio e all’ingrosso, ubicati nella medesima zona in cui si trovava il luogo di esercizio dell’attività della stessa, privo di precisi riferimenti atti alla individuazione di detti “campioni” e dei dati contabili da questi dichiarati nelle proprie dichiarazioni fiscali, prodotte per l’anno in esame, non consente alla ricorrente di poter instaurare, essendo l’avviso di accertamento in esame carente di adeguata motivazione, un valido contraddittorio e di poterle consentire l’esercizio in concreto, del diritto alla difesa, di cui all’articolo 24 della Costituzione.
Allo stesso modo è precluso al Giudice di verificare la legittimità e fondatezza del reddito accertato, fondatamente attribuibile alla società contribuente”.
Avv. Giuseppe Marino – Tributarista in Roma patrocinante in Cassazione