La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con la sentenza n. 13314/2021 (in un giudizio patrocinato dallo scrivente avvocato tributarista Giuseppe Marino, il cui testo è qui scaricabile), ha annullato un accertamento catastale ritenuto illegittimo per difetto di motivazione, confermando l’originaria classe di merito 5 rispetto alla maggiore classe di merito 7 accertata dall’Agenzia delle Entrate in relazione ad un ufficio cat. A/10 sito in Roma, nel quartiere Flaminio.
Nella specie, i contribuenti contestavano con ricorso che nell’avviso di accertamento impugnato non erano evincibili gli elementi determinanti (quali, principalmente, la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile era inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità era situata, e le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, avrebbero determinato il diverso classamento operato dall’Ufficio.
Ne conseguiva che l’atto sarebbe risultato illegittimo per motivazione solo apparente, oltre che per assoluto difetto di prova dalla maggiore classe di merito, dovendo così l’atto essere annullato sulla scorta dei chiari principi affermati dalla Cassazione in casi assolutamente identici a quello odierno.
In particolare, veniva citata nel ricorso l’ordinanza della Cassazione n. 33565 del 18.12.2019, in cui, sempre con riguardo ad un avviso di accertamento identico nella motivazione a quello impugnato, la S.C. aveva affermato quanto segue: “Costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale – motivazione dell’atto di riclassamento. In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi dell’ art. 1 comma 335 L. 311/2004, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. 22671/2019).
Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. (cfr. Cass. n. 3156/2015).
Nello specifico, l’intervento è possibile nelle microzone “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato (…) e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali” (comma 335). Il provvedimento di riclassamento deve essere adeguatamente motivato in merito agli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le ragioni che ne giustificano l’emanazione (Cass. n. 10403/2019).
Di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare (Cass. 22671/2019; Cass. 23051/2019).
La CTR si è, in definitiva, uniformata ai predetti principi, rilevando la genericità della motivazione, non sussistendo i presupposti di fatto necessari per l’applicazione del riclassamento”.
La CTP ha poi precisato, in primo luogo, come tale favorevole orientamento si sia consolidato con le sentenze di Cassazione nn. 33835/2019, n. 15916/2020 e n. 3381/2021, e, in secondo luogo, come l’Ufficio non possa sanare il deficit motivazionale dell’accertamento con integrazioni o modifiche in sede giudiziale, posto che la difesa del contribuente si fonda su quanto illustrato nella motivazione dell’atto impositivo (Cass., sent. n. 2382/2018).
Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione
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